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Storie di miniera: intervista a Roberto Antoniolli

Storie di miniera: intervista a Roberto Antoniolli “Io volevo fare l’ingegnere minerario e, siccome avevo dei parenti a Vancouver, loro mi hanno iscritto e mi hanno convinto ad andare da loro visto che lì c’erano molte miniere e una buona università. E, così, sono passato dal Politecnico alla University of British Columbia. Durante le guerra, mancavano le materie prime e il regime fascista guardava a questa carenza con terrore perché mancava la base per poter far la guerra. Quindi, questa necessità, insieme all’incontro con alcuni ingegneri minerari, mi ha spinto ad entrare nell’industria estrattiva. In seguito, sono arrivato in Sardegna e qui ho cominciato la collaborazione col Professor Carta e col gruppo dell’Università di Cagliari. Tutto ciò mi ha dato grandi possibilità di studio: prima sono stato capo-servizio, poi dirigente nelle varie società che si sono succedute alla Monteponi e alla Monteponi e Montevecchio. Il lavoro, ufficialmente, cominciava alle otto e la giornata era divisa in due parti: la mattina si stava nell’impianto e, nel corso del pomeriggio, si tiravano le somme, si avevano i risultati del laboratorio analitico. In tutto si facevano otto ore: si cominciava alle otto, poi si faceva un’ora e mezza o due di intervallo e si finiva alle quattro o alle cinque. Poi, a casa, si cominciava il lavoro dell’aggiornamento. Il trattamento dei minerali era abbastanza sviluppato in Sardegna ma, in generale, non c’era una grande preparazione e esperienza e quindi si era costretti ad aggiornarsi consultando riviste straniere. Io ero membro dell’American Institute of Mining, Metallurgical and Petroleum Engineers, del Canadian Institute of Mining, Metallurgy and Petroleum, della Deutsch Gesellschaft Deutscher Metallhütten und Bergleute ed ero in relazione col Механобр [Mekhanobr Institute] di Leningrado”.

 

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